Future Vintage Festival a modo mio.
Si è da poco conclusa l’ottava edizione del Vintage Festival, da tre anni ribattezzato Future Vintage Festival che ha scelto come focus/ il pay-off/ claim/ la finestra temporale “1980/2030” per evidenziare la mission dell’iniziativa, non una semplice carrellata nostalgica degli anni passati ma una raccolta degli elementi più significativi, caratterizzanti e belli degli stessi ripresentati e reinterpretati in una nuova chiave, per diventare patrimonio del futuro. Questo intervallo temporale, inoltre, è particolarmente interessante perché pone a confronto due secoli, o meglio due millenni, le loro contraddizioni e mutamenti, che hanno visto la nascita di una cultura pop e di nuove tecnologie, grazie alle quali ora ci siamo evoluti in questo modo.
La parte più interessante del festival è, a mio avviso, quella non legata solo alla moda, che ne è il cuore o lo spunto iniziale, ma legata alla comunicazione e alla multidisciplinarietà dei diversi aspetti, tra cui designo, innovazione, esposizioni, arte, e anche moda, che propongono nuove soluzioni utilizzando linguaggi contemporanei, orientati al futuro, ma nati in un passato non troppo lontano.
L’iniziativa è realizzata dall’associazione Vintage Factory, in collaborazione con il Comune di Padova e la Regione del Veneto e con numerosissime altre associazioni, realtà e partner e propone, nei tre giorni dal 7 al 9 settembre, presso il Circolo Culturale Altinate San Gaetano ed offre un susseguirsi di incontri, workshop, esposizioni, sale tematiche e laboratori, tutti gratuiti con prenotazione on line.
Come incontri ho deciso di seguire quello con lo stilista imprenditore
Brunello Cucinelli e l’appuntamento del Marketers-Evolution sulle digital trasformation.
Ho apprezzato infinitamente l’incontro con Cucinelli, mi ha colpito la sua testimonianza ricca di ricordi della sua infanzia e di spunti di riflessione sulla necessità di riappropriarsi delle origini, della cultura e del valore e sulla dignità del lavoro, da quello manuale e artigianale, al lavoro più umile della terra, che è alla base di tutta la vita. Ho trovato molto giusto il suo non amore verso i social o meglio verso la necessità di dover essere sempre social e sempre connessi, con il rischio di perdersi le parte più intensa delle nostre stesse esperienze, la bellezza dell’intimità ed il rischio della perdita dell’attenzione, la difficoltà a mantenere la concentrazione a lungo ed a lavorare seriamente anche per pochi minuti senza guardare il cellulare, concetti molto giusti che pochi di noi, però poi mettono in pratica.
Marketers-Evolution, in particolare da Francesco Magagnino e Federica Fornaciari, sull’innovazione digitale e sui percorsi di innovazione nella comunicazione.
La dott.ssa Fornaciari ha illustrato il tema dei nuovi approcci pubblicitari, sia nei canali convenzioni che on line, dell’importanza e centralità del cliente e di campagne sempre più mirate e personalizzate, l’importanza dello storytelling e della sempre più difficile fidelizzazione del cliente.
Il dott. Magagnio ha mostrato alcuni progetti di softwer sempre più sviluppati per i cellulari, con una sempre maggiore possibilità di interazione, come ad esempio la possibilità di provarsi virtualmente capi di abbigliamento o di cambiare colore agli stessi, o di personalizzarsi l’auto e di provare alcune strumentazioni come si fosse realmente all’interno della vettura, fino alla progettazione di un’app per aiutare le persone colpite dal parkinson.
Ho apprezzato molto anche le esposizioni al piano superiore,
in particolare quella dedicata a Vasco, o le foto alle mega discoteche anni ’90, ormai abbandonate come vestigia di un modo di divertirsi superato e antistorico ed infine i capi e gli abbinamenti proposti da A.N.G.E.L.O che rievocano ad esempio la tendenza grunge, passato da me vissuto e indossato, e che ogni tanto non disdegno di riesumare.
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